L’incidente probatorio nell’ambito delle nuove indagini sul delitto di Garlasco si è concluso il 18 dicembre. Nei giorni precedenti, l’attesa per il deposito della perizia genetico-forense della dottoressa Denise Albani si era fatta spasmodica: si riteneva che avrebbe proposto una valutazione univoca e definitiva sulla questione della riconducibilità del Dna rinvenuto sopra (o sotto) le unghie di Chiara Poggi all’attuale indagato, Andrea Sempio.
Molti ne erano talmente sicuri da prefigurare, con i tratti della certezza assoluta, gli esiti dell’elaborato peritale anche prima del suo effettivo deposito agli atti.
E, quando tali esiti sono stati effettivamente resi noti, sembra si sia registrata, a livello mediatico, una certa delusione, associata all’incertezza sul da farsi. È vero che la relazione tecnica afferma la riconducibilità alla linea paterlineare di Andrea Sempio delle tracce (ri)esaminate, ma la stessa perita del Gip non manca di sottolineare alcune, significative criticità dell’esame stesso e del materiale preso in considerazione.
I colpevolisti si sono dunque attestati su due posizioni diverse: chi ha ribadito a oltranza il dato dell’attribuibilità del materiale alla famiglia di Sempio e, dunque, a Sempio; chi ha preso atto del fatto che l’utilità della sola perizia potrebbe non essere scontata ai fini del rinvio a giudizio dell’indagato e ha evidenziato la necessità di affiancarle ulteriori risultanze investigative.
Si parla in proposito: 1) del presunto finto alibi dello scontrino del parcheggio; 2) delle ormai note telefonate effettuate da Sempio a casa Poggi nei giorni in cui la famiglia della vittima era in vacanza; 3) della perizia dell’anatomopatologa Cristina Cattaneo, non ancora depositata, che secondo taluni potrebbe collocare il decesso di Chiara in un orario diverso rispetto a quello recepito nella sentenza di condanna di Alberto Stasi (tra le 9,12 e le 9,35 del 13 agosto 2007), rinforzando l’alibi dell’allora fidanzato della vittima; 4) della relazione tecnica di Bloodstain Pattern Analysis (Bpa) affidata al Ris di Cagliari. Secondo quanto recentemente riferito dai giornali, gli inquirenti sarebbero altresì persuasi di aver individuato il movente del delitto e, allo stato, non sappiamo di ulteriori, possibili elementi acquisiti.
L’udienza del 18 dicembre 2025
All’esito dell’esame della perizia Albani, avvenuto nel corso dell’attesa udienza del 18 dicembre, com’era prevedibile i difensori coinvolti nel procedimento hanno rimarcato l’inconciliabilità delle loro posizioni, argomentate nelle osservazioni depositate dai rispettivi consulenti tecnici.
Per Marina Baldi e Armando Palmegiani, gli esperti che collaborano con i legali dell’indagato, le analisi svolte dal Ris di Parma all’epoca del delitto, “non hanno evidenziato alcun contributo maschile”, dato “pienamente coerente con l’assenza di un contatto violento difensivo nell’immediatezza dei fatti”.
A ciò si aggiungerebbe, secondo la loro valutazione, un ulteriore dato idoneo a smentire l’ipotesi dei Pm, condivisa dal legali di Stasi: l’esito della perizia sui margini ungueali che riconducono a Sempio apparirebbe caratterizzato da tre elementi idonei a rendere “impossibile, oltre che scientificamente scorretto, qualunque forma di calcolo statistico: un profilo estremamente degradato, un profilo misto, senza chiara distinzione tra contributi, che impedisce qualunque attribuzione affidabile e l’assenza assoluta” di repliche di conferma del test sul Dna.
Questa l’interpretazione proposta dai consulenti della difesa di Alberto Stasi: “I reperti delle unghie di Chiara non erano degradati”, come sostenuto nel 2014 nell’esame peritale effettuato nel corso del cosiddetto Appello bis, culminato con la condanna del fidanzato della vittima, “e dunque ciò aumenta la genuinità dei profili genetici” oggetto dell’incidente probatorio e attribuiti a Sempio.
Profili che, già undici anni fa, “mostravano la non concordanza con il profilo genetico” di Stasi, che dunque “doveva essere escluso come contributore di quelle tracce”.
I consulenti dei legali della famiglia Poggi bocciano le procedure impiegate dalla dottoressa Albani: “non si può non rilevare come l’unico elemento inedito di sicuro interesse, nonché di chiara e inequivocabile valenza come fonte di prova, risulti il rinvenimento di tracce” genetiche di Stasi sulla cannuccia dell’Estathé recuperata all’interno del sacchetto della spazzatura sequestrato sulla scena del crimine all’epoca delle prime indagini ed esaminato la scorsa estate.
Un manoscritto dimenticato
Un elemento che non ha mancato di suscitare interesse è il recupero di un appunto manoscritto datato 11 settembre 2014, redatto durante una riunione tra il perito del processo allora in corso, Francesco De Stefano, i suoi collaboratori, i consulenti di parte e gli avvocati di Stasi e della famiglia della vittima. Il documento era allegato alla perizia Albani e in esso si legge che gli analisti avrebbero riscontrato la presenza, sulle unghie di una mano di Chiara, di due cromosomi Y comparabili e, sull’altra, di un ulteriore, diverso cromosoma Y.

L’appunto non sarebbe stato incluso tra gli allegati della perizia del 2014 e sarebbe riemerso, appunto, solo ora. A detta della difesa di Stasi, raggiunta da Fanpage per un commento, si tratterebbe di un dato assai grave perché, all’esito della perizia di allora, non si sarebbe fatto cenno alla possibilità di effettuare comparazioni, ma anzi sarebbe stata rimarcata la presenza di materiale non pulito e chiaro. Per i legali del condannato, insomma, il manoscritto avrebbe potuto rivelarsi utile nel corso del processo, perché il cromosoma Y ritenuto “comparabile” si sarebbe potuto confrontare con un Dna, escludendo già da allora, come avvenuto oggi, la presenza di materiale genetico di Alberto Stasi.
Tre Dna
In conclusione, secondo quanto trapelato, nel corso dell’udienza del 18 dicembre, la dottoressa Albani avrebbe confermato la presenza di almeno tre Dna sopra (o sotto) le unghie di Chiara Poggi, precisando che risulterebbe impossibile proporre valutazioni sull’origine delle tracce (se provenienti da contaminazione, da contatto diretto o indiretto o da artefatti).
Dei tre, due Dna appaiono parziali, misti e aplotipici (riferibili alla linea paterna maschile), dai quali non si esclude la presenza, come contributore, di Andrea Sempio. E, si legge su La Presse, un terzo risultato escluderebbe invece l’attuale indagato.
Alberto Stasi in aula
Presente in aula il fidanzato di Chiara Poggi, che sta finendo di scontare la condanna definitiva a sedici anni di reclusione per il delitto e che si trova attualmente in regime di semilibertà. “Non posso parlare, per favore lasciatemi andare. Abbiate pazienza!”, ha detto ai giornalisti che si sono accalcati intorno a lui.
“È venuto perché questa era una giornata importante, tenete conto che comunque sono undici anni che noi parliamo di questo Dna”, ha spiegato uno difensori di Stasi, l’avvocata Giada Bocellari, rimarcando che la giornata del 18 dicembre avesse “un significato particolare per tutti, per la difesa sicuramente e per lui in prima persona perché ovviamente la vita è la sua.”
La circostanza non ha mancato di suscitare qualche polemica. Il legale della famiglia della vittima, l’avvocato Francesco Compagna, ha chiesto che Stasi “uscisse dall’aula perché non è né la persona offesa né l’indagato.” Richiesta disattesa dal Gip Daniela Garlaschelli perché “irrilevante e tardiva”, presentata nel corso dell’udienza, a sei mesi dall’inizio dell’incidente probatorio che vedrebbe Stasi come “terzo interessato” al procedimento.
L’avvocato Domenico Aiello, che assiste l’ex procuratore aggiunto Mario Venditti, attualmente indagato per corruzione in atti giudiziari relativamente alle circostanze che hanno condotto all’archiviazione del procedimento nei confronti di Andrea Sempio nel 2007, ha parlato di “grave violazione del codice di procedura penale.”
“Non mi aspettavo la sua presenza, ma non mi sono opposto perché non ho rilevato controindicazioni”, ha dichiarato invece l’avvocato Liborio Cataliotti, uno dei legali di Sempio. Quest’ultimo non ha presenziato all’udienza: “Andrea non sarebbe stato interrogato, così come non lo è stato Stasi, e non avrebbe avuto diritto di parola, così come non l’ha avuta Stasi. Si è trattato di un’udienza tecnico-scientifica. A me e all’avvocato Angela Taccia è sembrato prezioso che ci fossero i nostri periti. Era inutile invece la presenza del nostro assistito, anche per non esporlo alle telecamere.”
Ancora indiscrezioni
Si attendono dunque le determinazioni dell’Autorità giudiziaria in merito ai prossimi sviluppi del procedimento. Ma, come si dice, lo spettacolo deve proseguire. I mass media, nel continuare a dar conto della vicenda, non possono certo permettersi di attendere i tempi degli inquirenti, non sia mai che l’interesse del pubblico si stemperi o, ancor peggio, si spenga.
Ed ecco quindi che, esaurita (solo) per il momento la questione dell’incidente probatorio e della perizia Albani, si è riservato risalto a una nuova indiscrezione. Il Tg1 ha dato conto di quanto sembrerebbe trapelare dalla preannunciata relazione Bpa del Ris di Cagliari. Chiara sarebbe stata aggredita al piano terra di casa Poggi, per poi essere uccisa lungo le scale della cantina.
L’omicida, risalendo, avrebbe poi sostato in cima alle scale stesse, voltandosi per osservare la scena dall’alto. Appoggiandosi al muro avrebbe quindi lasciato la nota traccia n. 33, residuo dattiloscopico che la Procura ritiene di poter riferire proprio ad Andrea Sempio. Compatibile con essa, risulterebbe un’impronta insanguinata presente su uno dei gradini che, riportano gli organi di stampa, potrebbe appunto corrispondere alla suola di una calzatura.
Consapevoli di quanto, in passato, indiscrezioni del genere si siano rivelate, alternativamente, attendibili o fantasiose, utili o fuorvianti, aspettiamo le necessarie conferme.


